Riportiamo un interessante approfondimento dell'avvocato Massimo Chimienti pubblicato su condivisioneimmobiliare.it
Il rapporto che lega il venditore e l’acquirente all’agente immobiliare, viene definito indistintamente “incarico a mediare” o “mandato” e ciò, non è corretto. La differenza tra i due istituti dal punto di vista giuridico è
fondamentale in quanto, a seconda della qualificazione che viene data,
muta la disciplina applicabile.
Infatti, l’articolo 1754 afferma che “È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza” Quindi, carattere essenziale della figura del mediatore è la sua
imparzialità, intesa come assenza di ogni vincolo di mandato, di
prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro
rapporto, che renda riferibile al “dominus” l’attività
dell’intermediario. Il mediatore può, non deve, porre in essere tutte quelle attività necessarie all’adempimento dell’incarico ricevuto. Il mandato, al contrario, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1703 c.c. è il “contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti per conto di un’altra”. Il mandatario, è obbligato per contratto ad eseguire una o più
attività per conto del mandante, “con la diligenza del padre di
famiglia” (art. 1710 c.c.), rendendo il conto del suo operato (art.1713
c.c.).
Sotto il profilo della responsabilità:
-Secondo un recente orientamento giurisprudenziale, la
responsabilità del mediatore ha natura extracontrattuale e viene
definita da “contatto sociale”, che si concretizza ogniqualvolta il
fatto illecito sia posto in essere da un soggetto che, onde poter
esercitare una determinata professione, deve possedere requisiti formali
ed abilitativi, come nel caso del mediatore per il quale prevista
l’iscrizione ad un apposito ruolo, e deve esercitare la propria attività
a favore di quanti, utenti-consumatori, fanno particolare affidamento
nella stessa per le sue caratteristiche;
- quella del mandatario ha natura contrattuale.
Con riferimento al diritto al compenso:
-il mediatore ai sensi dell’art. 1759 c.c. avrà diritto alla
provvigione ogniqualvolta il consenso delle parti si concretizza per
effetto del suo intervento; il diritto al compenso è, pertanto, legato
alla conclusione dell’affare che, secondo una costante giurisprudenza,
si verifica quando tra le parti si sia costituito un vincolo giuridico,
che consenta a ciascuna di esse di agire nei confronti dell’altra,
inadempiente, per ottenere una sentenza che produca gli stessi effetti
del contratto non concluso;
- il mandatario ha diritto alle sue spettanze, a prescindere
dalla conclusione o meno dell’affare, per il sol fatto di aver esaurito
il proprio compito osservando le disposizioni ricevute.
Appare evidente la differenza che intercorra tra i due istituti
accanto ai quali, tuttavia, nella pratica se n’è formato un altro,
ossia, quella della c.d. “mediazione atipica”, che ricorre in tutte le ipotesi, in cui il mediatore riceva un espresso incarico da una (mediazione atipica unilaterale) o da ambedue le parti (mediazione atipica bilaterale) per promuovere la conclusione di un affare, alle condizioni preventivamente stabilite.
In tale ipotesi, il rapporto che lega la parte al mediatore è
regolato, non dalle norme sulla mediazione, bensì, da quelle del mandato
per cui il pagamento della provvigione sarà dovuta a prescindere dalla
conclusione dell’affare, se concorrono due presupposti:
- il contratto, non deve perdere la funzione tipica della mediazione, che è quella di mettere in relazione due o più parti per la conclusione di un affare;
- le parti abbiano previsto e definitivo espressamente,
nell’incarico conferito al mediatore, le condizioni ricorrendo le quali
sorge il diritto alla provvigione
Avv. Massimo Chimienti del Foro di Bari.
Per info visitare il sito www.studioavvocatichimienti.com
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